Cappello: Da emisferico a convesso, spianato quando aperto, margine con marcata striatura.
Cuticola color rosso-aranciato brillante, quasi metallizzata, che poi a maturazione tende ad assumere una colorazione più chiara (giallo-arancio), sovente con qualche lembo residuo del velo generale.
Volva:
Bianca, membranacea, larga, rastremata a forma di cono rovesciato.
Tendente a formare areole nella parte superiore, per poi aprirsi e
lasciar uscire il cappello sul quale possono rimanere dei lembi.
Si tratta di un fungo che ama le zone a clima caldo e secco. Nasce sotto castagni e querce di varie specie, verso il mare a partire dalla metà di maggio, fino a novembre inoltrato, se la stagione lo permette. Un tempo abbondava nei boschi di collina e media montagna (fino ai 1.000 m.) ma poi in seguito all’abbandono degli stessi il suo areale di crescita si è ridotto alle zone prettamente mediterranee e ai castagneti da frutto ancora coltivati. Predilige i querceti, le zone aperte, i tagliati, le zone in cui il terreno non è eccessivamente coperto da arbusti o detriti.
Spesso però è attaccato da una muffa (Mycogone rosea, Link) che lo rende molliccio e pesante, imperlato di gocce di fluido acquoso che in breve lo fa marcire del tutto.
L’unico modo in cui lo gradisco è servito crudo, tagliato a fettine e condito con olio, sale e limone.
E difatti, come suggerisce il nome, si tratta di un fungo che duemila anni fa era considerato degno dei Cesari, gli imperatori romani, e che servì almeno una volta ad eliminarne uno (Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, 54 d.C., avvelenato dalla moglie Agrippina per fargli succedere il proprio figlio Nerone, ancora ragazzo, per cui fu lei ad assumere la guida dell'impero) mediante la somministrazione di un “sosia” mortale, l’Amanita phalloides.
Se poi si seziona in verticale l’”ovolo”, A. caesarea mostra il sottile arco della cuticola di colore giallo, particolare che invece in A. phalloides è verdognolo o incolore.
I Romani chiamavano A. caesarea "Boletus"; sì, proprio come chiamiamo noi oggi il genere a cui appartiene il Porcino, che loro invece chiamavano "Suillus", cioè porcello.
E così oggi in alcune regioni del Centro Italia gli Ovoli vengono ancora chiamati Boleti.
Chiudo ripetendo che A. cesarea è tipico
delle zone temperate a latifoglie (senese, Maremma, ma non solo), sotto
castagni (meno, per l’abbandono di molti boschi), querceti, molto nei tagliati
e sotto scopa (Erica scoparia/arborea), che poi è uno degli arbusti più
frequenti dell'ambiente collinare.
Con
particolare predilezione per i luoghi in cui la
vegetazione del sottobosco è rarefatta e lascia entrare molta luce
solare, per
le zone colpite da incendi o in cui sono stati fatti lavori forestali o
anche il semplice taglio del sottobosco nei castagneti da frutto.
La raccolta è consentita per esemplari di cui devono essere visibili le lamelle, nella solita misura massima complessiva di 3 kg.
Ed ora un po' di foto:
Appena affacciato nell'humus. |
Notare le areolature che precedono l'apertura della volva. |
L'erosione della lumaca ha portato allo scoperto la colorazione pileica giallo-arancio. L'altro esemplare più piccolo lascia già trasparire lo stesso colore nella parte centrale. |
Quasi completamente sbocciato. Notare la volva a forma di cono rovesciato. |
Bellissimo. Notare la granulosità della cuticola in fase espansiva. |
Tre "punte" verso il basso. |
Negli esemplari maturi la colorazione del cappello tende un po' a sbiadire. |
Danni iniziali da Mycogone rosea. |
Qui in stadio più avanzato. |
Enorme, più di 25 cm. e oltre il mezzo chilo. |
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Amanita phalloides, (Vaill. ex Fr. : Fr.) Link ☠☠☠
Nomi volgari: Angelo della morte, Tignosa verdognola
Cappello: Da emisferico a convesso, in gioventù spesso un po' appuntito, spianato quando aperto, cuticola da bianca a beige e verde con sottili fibrille radiali che la fanno sembrare metallizzata. Talvolta con qualche lembo residuo del velo generale.
Habitat
Nasce sotto castagni, querce di varie specie, conifere ed altre essenze a partire dall'estate fino a novembre inoltrato. Molto diffuso in ambiente mediterraneo. Personalmente non ho grande esperienza di quanto nasca in montagna. Talvolta ne ho visto qualche piccolo gruppo sia nei faggi che negli abeti ma certamente non in grande quantità come lo si può incontrare in ambiente mediterraneo.
È
il fungo responsabile della maggior parte degli avvelenamenti con esito
gravissimo, spesso mortale. Talvolta viene confuso con Prataioli o
Russule varie aventi le stesse colorazioni pileiche.
Per
quello che ci interessa ora, e cioè la confusione con A. caesarea,
l'errore diviene possibile se si raccolgono Ovoli ancora avvolti nel
velo generale, cioè chiusi. E difatti è vietato.
Come detto, A. caesarea ha la parte tondeggiante sopra e la parte più ristretta rivolta in basso.
Il
contrario avviene invece per A. phalloides che spesso nasce con il
cappello appuntito e quindi ha la parte più larga a contatto con il
terreno.
Inoltre,
alla sezione verticale, A. caesarea presenta in alto il sottile arco
aranciato della cuticola mentre in A. phalloides questo arco è verde o
più chiaro tendente al bianco (sia nella specie tipo che nella forma bianca, perché ne esiste anche una forma bianca, A. phalloides, var. alba, Costantin & L.M. Dufour).
Inoltre A. phalloides è il capobanda di una triade velenosissima con Amanita verna, (Bull. : Fr.) Lam. ed Amanita virosa, Bertill., che però qua da noi sono fortunatamente poco diffusi.
A. virosa è proprio delle foreste montane di abete rosso a partire dall'estate e non credo di averlo mai visto.
Invece
A. verna lo trovo qualche volta negli ambienti misti di castagno di
media montagna a maggio/giugno. Praticamente è una replica un po' più
piccola di A. phalloides ma di colore completamente bianco e che può
essere facilmente confusa con i Prataioli che però hanno le lamelle rosa
e niente volva. Ci sono anche altri caratteri che lo differenziano ma
ad un colpo d'occhio grossolano sono questi quelli più facilmente
osservabili.
Quindi,
se trovate in tarda primavera, dei funghi totalmente bianchi che
ripetono la forma di A. caesarea e/o di A. phalloides con la presenza
contemporanea di anello e volva, ripeto tutte e due insieme anello e
volva (i Prataioli, ribadisco, la volva non l'hanno e proprio per questo
andrebbero raccolti interi senza tagliare il gambo, come invece molti
fanno), probabilmente siete in presenza di un'Amanita verna.
E lasciatela perdere, è meglio.
Difatti bastano poco più di 50 grammi di questi funghi per uccidere un uomo di sana e robusta costituzione.
La
loro alta letalità sta anche nel fatto che i primi sintomi
dell'avvelenamento appaiono con 12/24 e più ore di ritardo, quando gli
organi bersaglio (soprattutto il fegato, che va in necrosi come nelle
cirrosi fulminanti) delle tossine entrate in circolo (amanitine e falloidine) sono stati ormai irrimediabilmente compromessi.
Se
l'avvelenamento si manifesta entro le 8 ore dall'assunzione del fungo,
si può intervenire con la somministrazione di dosi massicce di
penicillina o di altre sostanze aventi la funzione di bloccare
l'aggressione delle tossine ai danni della cellula epatica. Però quasi
sempre chi si salva deve sottoporsi permanentemente a dialisi o, quando
possibile, a trapianto di fegato.
Altrimenti
dopo i primi sintomi, il soggetto ha un momentaneo miglioramento, ma
poi si aggrava e nel giro di due o tre giorni muore tra atroci
sofferenze.
Come
ho già scritto, nella sezione dell'Ovolo, Agrippina quasi duemila anni
fa utilizzò A. phalloides per far fuori il marito, l'imperatore Claudio,
ed aprire la successione al figlio minorenne Nerone, prendendo così lei
il potere.
Finché cinque anni dopo il figlio le restituì il favore, definitivamente.
Proprio della brava gente, viene da dire!
Come la Phalloides, che più che un fungo pare una belva.
Qualche foto:
Carpoforo di colorazione giallo-verdognola. |
Esemplare chiaro in apertura. Notare il cappello appuntito. |
Da sopra. |
|
A. caesarea a confronto. Sedere appuntito e capoccia tonda. |
Erosioni di lumache. Sembra che fino a un certo punto ne possano mangiare senza danni. Oppure non fanno in tempo a raccontarlo? |
Gruppetto in ambiente di querce. |
2023 Nel grossetano. |
È pure bella , 'sta carogna! |
Con gli Ovoli avrei finito.
Per gli avvelenamenti gravi ci sarebbe da parlare anche dell'Entoloma sinuatum, in grande spolvero l'altro giorno in Maremma.
Un fungo che viene facilmente confuso con Lepista nebularis, il cosiddetto Grumato.
E che fa danni molto seri.
Se avrò tempo vedrò di trattarlo domani.
Nel frattempo un
Cordiale saluto a tutti!
4 commenti:
Grazie Prof !! È sempre un piacere leggerti, e ancora complimenti per le vostre uscite..
Non so come si possa confondere un ovulo con l' Amanita P., magari il cercatore inesperto lo raccoglierà ancora chiuso!?? Chissà me lo sono sempre chiesto, ma purtroppo ci sono ancora troppi incidenti mortali...
Per notizia qui ad est annata orribile per i nostri amici..Troppa acqua in ritardo...
Cordiali Saluti e tienici sempre aggiornati grazie
Alessandro da Santa Brigida
Buonasera Angiolo, qualora ce ne fosse ancora bisogno ti ringrazio ancora per tenere aperto questo blog di nicchia e per i post come questo volti a sconfiggere l'analfabetismo micogico. Per quanto mi riguarda, come anticipato, ho fatto l'ultima uscita in maremma. Purtroppo quest'anno per i posti che frequento sono rimasto a bocca asciutta con gli ovuli. Ho trovato invece ancora bellissimi aereus però solo al cerro rado con sottobosco di sole foglie già asciutte e in spazi luminosi. Poi una distesa incredibile di phalloides e tantissime gamberelle. Ho appeso l'attrezzatura al chiodo ma è stato un novembre insperato con funghi abbondanti e sani e giornate soleggiate e miti. In maremma ho incontrato anche tanti cercatori provenienti da altre regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Marche. Infine una citazione enogastronomica con i miei locali preferiti sulla via Firenze Siena Grosseto. Colazione dai Fratelli Rovai alle Tarvanuzze vicino al casello di Impruneta, pasticceria doc e caffetteria super già aperti alle 5. Dopo 8 o 9 ore di cammino invece sulla via del ritorno sosta d'obbligo al Doccio sulla Siena Grosseto alle risaie per un panino con la porchetta e buona birra alla spina o passando dalla Speranza all'omonimo bar panino con prosciutto tagliato a mano, pecorino e carciofi e bevande a scelta. Con questa ultima digressione saluto te, Tomoko e tutti gli amici del blog. Passo e chiudo.
Cordialmente Gigino
Ciao Gigino!
Grazie a te e a tutti quelli che hanno ancora voglia di leggere i miei sproloqui scritti.
Davvero un'annata strana con un finale insperato.
Visto le Falloidi?
A branchi incredibili.
E niente Ovoli!
Quanto agli itinerari gastronomici da rientro micologico, tutti nomi e località che hanno un posto nella mia memoria.
A Tavarnuzze ci portai i parenti giapponesi la prima volta che vennero in Italy.
Al Pian della Speranza, già lo frequentavo da molto prima, ma nel 1996 (Funghi a gogò per tutta l'estate e l'autunno) alla mia futura moglie Tomoko, la conobbi quell'anno a Firenze, feci assaggiare per la prima volta il piccione.
Che in Giappone non si mangia, come non mangiano il coniglio.
Li considerano solo animali da compagnia, ma chissà adesso isono la globalizzazione e la nouvelle cuisine.
Lì le feci assaggiare anche una bacca di Prunus spinosa.
La poveretta continuò a fare boccacce e sputacchiare tutto il pomeriggio!
All'epoca ero veramente une bestia.
Idem per il Doccio, quando andiamo giù la fermata al ritorno è d'obbligo.
Come Vestro a Monticiano e il Sant'Uberto al Caolino d'Italia verso Torniella.
Grandi ricordi e sapori che fanno sognare.
Un cordiale saluto.
Angiolo
P.S.: Adesso viene il gelo e penso che il cesto ormai sia da appendere.
Ma io, come sai, aspetto gli Ordinali Bianchi e poi i Dormienti.
Ancora saluti.
Ciao Alessansdro da Santa Brigida!
Guarda che la Falloide non solo è temibile ma è anche una vera trasformista, subdola e crudele.
Anni '70, Paterno sotto Diacceto.
Grande stagione di Geotrope (Cimballi, Ordinali Bianchi).
Allora ci nascevano a quintali.
Ho smesso di andarci a fine anni '80 perché si era rinselvatichito tutto e non si riusciva a vedercene più una.
Tornando a bomba, per entrare nel bosco, bisognava arrampicarsi attraverso vari piani a terrazza di coltivi di ulivo lasciati andare.
Era novembre, era piovuto e nell'erba c'erano delle legioni di Psalliota campestris.
Miste a quelle ritenute tossiche, Meleagris e affini.
E c'erano legioni di sacchettari a far man bassa di Prataioli senza guardare tanto per il sottile, il che dimostrerebbe che poi di tossico anche quelli ritenuti tali abbiano poco.
Ma tant'è.
Comunque ci mettiamo a parlare, eravamo in tre, con un tizio che ne aveva un paio di borsate.
Così parlando ci casca l'occhio su uno dei funghi che aveva in superficie alla bocca del sacchetto.
Aveva qualcosa di insolito per essere un Prataiolo.
Ce lo fa vedere?
Eccolo qua.
Amanita phalooides bianca, di piccola taglia, come Campestris, perfettamente simile.
Naturalmente non aveva le lamelle bianche e non rosa e la volva, poco pronunciata.
Ma tu sei in un campo, al margine sì di un bosco ma sai, e cogli nell'erba i Prataioli bianchi.
Stai raccattando a raffica e butti tutto in balla.
Vai a pensare alla Falloide bianca?
Così dopo un paio di giorni ti mettono sul giornale.
Dopo quello ha tirato fuori tutto e ne ha trovata un'altra, subito, doveva essere insieme alla prima, poi tutto regolare.
Credo comunque che abbia buttato via tutto.
Ragazzi, occhio, sempre.
Anche quando tutto è/sembra banale.
Un cordiale saluto
Angiolo
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