giovedì 26 marzo 2020

Repetita juvant 2 - Prugnolo



Buongiorno a tutti!
 

Eccoci alla scheda del secondo fungo dell'annata in ordine di apparizione, anche se talvolta sopravanza il Dormiente, la cui crescita accompagna per la maggior parte del periodo.

Parliamo del

Prugnolo
Calocybe gambosa, (Fr.) Donk,
ex Tricholoma georgii


Altri nomi italiani: Fungo di San Giorgio, Fungo della saetta, Fungo maggengo, Spinarolo.



Descrizione



Cappello      Carnoso, convesso, talvolta appuntito, poi appianato, margine involuto, regolare che a maturazione può divenire frastagliato. Cuticola opaca, di colore variabilissimo, dal bianco crema al marrone più o meno carico, passando per il giallo crema, l’arancione e il grigiastro.

Dimensioni, larghezza mm. 30-120(150), spessore mm. 20-40(60), ma se ne possono rinvenire esemplari anche molto più grossi, se lasciati crescere (una ventina di anni fa ne trovai uno di quasi sette etti, già maturo ma ancora in tiro; non entrava nel paniere).

Lamelle        Fitte, strette, smarginate, fragili. Colore chiaro, quasi bianco.

Carne           Bianca, spessa (soprattutto al centro), fragile, con intenso odore di farina.

Gambo         Tozzo, pieno, di colore biancastro, un po’ fibroso, allungato con l’età.

                      Dimensioni, lunghezza mm. 30-80(100), calibro mm. 10-40(50).

Habitat         Terreni adibiti a pascolo, incolti da molti anni, in presenza di paleo (Brachypodium sp.), di rosacee (rosa canina, biancospino, prugnolo, meli selvatici) e ginepri. Si trova però anche nei boschi collinari, soprattutto di querce e aceri campestri, lungo fossi e borri. E anche nelle piantate di conifere in montagna, soprattutto se installate su vecchi pascoli e in presenza dei suddetti arbusti di rosacee. Predilige i luoghi in lieve declivio dove l'acqua scorre lentamente e ristagna mantenendo alta l'umidità del suolo. Forma grandi fungaie di numerosi individui che talvolta nascono appressati l’uno all’altro. Quando nasce nel paleo, questo prende una colorazione verde scuro che però non è così facile da identificare come viene comunemente detto. Anche perché ci sono altri funghi che provocano lo stesso cambiamento di colore. Le fungaie sono disposte a cerchi, ad arco o a zig-zag, da cui anche il nome di Fungo della saetta. Nei pascoli i cercatori coi falcetti seguono il serpeggiare della fungaia tra le zolle create dalle radici dell’erba alta. Altrimenti difficilmente i carpofori sono visibili. Ciò facendo, l’erba vecchia cede e viene via. Per cui la presenza della fungaia è segnalata dalle manciate d’erba morta giallastra anziché verde .

Un sistema che io ho abbandonato da tanti anni, quando fui miracolato come racconto nel breve scritto che pubblico dopo le foto (forse ne avevo già postato l'abbozzo, non ricordo bene, ma adesso lo licenzio definitivamente in calce a questo sproloquio).
Un fatto inusitato che mi aprì nuovi orizzonti e nel contempo mi sollevò dal dover prestare la massima attenzione nel frugare nell'erba quando mi era già capitato diverse volte di ritrovarmi una bella vipera tra le mani. Soprattutto al mattino quando ancora si devono termoregolare e sono torpide. Non ne ho mai avuto eccessivo timore ma anche quando sono intontite è bene non scherzarci troppo perché il loro morso ancorché raramente mortale ha spesso conseguenze serie.

                      Quindi niente più falce e guantoni per "spidocchiare" il paleo, ma esplorazione di forre e anfratti umidi di mezza collina ed anche in montagna, dove le Prugnolaie sono molto più facili da individuare, anche se chi le conosce cerca di difenderle prelevando i carpofori già cresciuti e nascondendo con fogliame e rami secchi gli altri piccoli.
                      È stato così che nel corso degli anni ho imparato molte fungaie, frequentando luoghi un po' fuori mano, dove la concorrenza è scarsa o nulla, anche se ormai i cercatori arrivano dappertutto tra strade asfaltate e auto 4x4.
                      E difatti, nonostante io cerchi di lasciare poche tracce della mia presenza, cambiando percorso e punti d'ingresso, alcune me le hanno imparate. Intendiamoci, fa  parte del gioco perché ogni anno ne spuntanto di nuove a compensare queste inevitabili perdite.
                      Per la costante evoluzione dell'ambiente, in cui le fungaie, come tutti gli esseri viventi, scompaiono ma anche si formano ex novo in punti dove prima le condizioni non erano favorevoli. E poi ci sono quelle che nessuno conosce, nascoste in qualche posto difficile da raggiungere o, talvolta, anche troppo sotto il naso di tutti (ogni tanto mi capita di trovarne qualcuna, anche di quelle notevoli, a pochi passi dall'auto). 
                      C'è pure da dire che individuare i posti adatti non è affatto semplice perché fossi e gole a prima vista sembrano tutti uguali (quelli che si vedono, perché spesso non sono neanche visibili dalle strade o appaiono insignificanti).
                      E poi, chissà perché, tra due valloni vicini e apparentemente identici per caratteristiche di vegetazione ed esposizione, uno ospita delle Prugnolaie e l'altro no. Oppure le hanno tutti e due, oppure il contrario. Vattelappesca.
                      L'unica cosa che si può fare è esplorare a fondo, più volte nel periodo adatto e sperare nella fortuna. Altrimenti è possibile girare per dei giorni senza trovare una traccia utile.
                      Comunque, se poi per caso ci si azzecca, è veramente emozionante.
                      Scovare una Prugnolaia intera, con tutta la sua coorte di funghi gialli disposti a cerchio o a zig-zag nella penombra del sottobosco è una cosa esaltante.


Note              Il Prugnolo è un ottimo fungo con profumo e gusto molto intensi. Forse un po’ troppo. Il che lo rende adatto più che altro per farne dei sughi. A noi comunque piace molto crudo, grattugiato sulla pasta o sul riso in bianco. Per tale scopo bisogna aver cura di tirare fuori dal frigo i funghi da utilizzare un paio di ore prima, altrimenti raffreddano tutto. Altro uso, saltati due minuti in padella e serviti sulla pasta calda al burro, ma anche col ragù. Con quelli surgelati (cotti, vengono parecchio duri, gommosi e forti di gusto) facciamo delle zuppe con vegetali assortiti, oppure dei crostini con panna, salsiccia e capperi. Mangiarne troppi può in soggetti sensibili causare lievi malori, perché hanno proprietà ipoglicemizzanti (abbassano il livello di zucchero nel sangue). Per questo fu ipotizzato anche di utilizzarli nella cura del diabete mellito.

La raccolta è limitata a esemplari di cappello non inferiore a 2 cm. ed il peso ai consueti 3 kg. totali.

Il periodo di crescita va da fine febbraio/metà marzo a tutto maggio. L’appellativo di Fungo di San Giorgio (23 aprile) deriva dal fatto che è tipica la sua nascita nella seconda metà di aprile. In alta montagna può nascere fino a metà di luglio. Qualche volta delle fungaie fruttificano anche nel tardo autunno (poco e raramente), se accade che la stagione ricalchi l’andamento di quella primaverile.

Gli unici funghi tossici con cui potrebbe essere confuso, tenuto conto dell’epoca di nascita, sono alcune Inocybe, ma francamente ci vuole molta fantasia (o molta inesperienza).

Penso di aver detto più o meno tutto quanto avevo in mente.


Foto (2018-19)  









La variabilità di colore della cuticola è estrema. Si va dal bianco, al grigio, all'arancione e al marrone.





 








Ed ora il racconto dell'irruzione della Dea Bendata che rivoluzionò totalmente il mio approccio al mondo del Prugnolo.




DUE CORNACCHIE E UNA POIANA



Quaranta anni fa o forse più, una vita.
Pomeriggio di una seconda quindicina di maggio, tempo perturbato e caldo.

A tratti spruzza.
A caccia di Prugnoli, che allora (le stagioni erano tutte più indietro) in Consuma si trovavano talvolta fino agli inizi di luglio.
Sono stato nel paleo sotto la Consuma ed ho trovato poco o niente, come al solito.

è piuttosto tardi e quel po’ di sole che s’intravede tra le nuvole sta cominciando ad andare giù dietro la massa scura del Pratomagno.
Mi sposto con l’auto più in basso, sul lungo crinale che porta a Caiano, e mi fermo subito prima della piantata di Douglas giovani che costeggia il lato sinistro della strada.

Vorrei fare ancora un tentativo per sfatare almeno una volta la maledizione che non mi ha mai fatto trovare questi funghi in quantità apprezzabili.

Alla destra la solita piaggia a paleo e macchia di pruni che scende verso Villa Rosina e la strada per Montemignaio.

A sinistra, in direzione di Ponticelli e della statale, il campo a foraggio che scende fino in fondo al vallone e su cui si affacciano i Douglas .

L’istinto sarebbe di buttarmi a destra nel paleo dove vanno tutti.

Anche poco fa dall’alto del Passo si vedevano un paio di macchine ferme qui vicino.

Adesso ci sono solo io che mi ostino a rimanere (forse perché ho preso un giorno di ferie per conseguire questo bel risultato) ma ho poca voglia di scendere ancora da quella parte mentre incombe il consueto buco nell’acqua.

Non mi resterebbe che scendere nella conca a sinistra, dove tra l’altro giorni prima ho visto un paio di persone addentrarsi nei pruni che fiancheggiano il campo verso il basso.

Un posto un po’ fuori mano ed insolito sul quale sul momento avevo fatto un pensierino.

Però esito ad avventurarmi in quella pastura alta che ti avviluppa e trattiene come una piovra, per di più bagnata dal pulviscolo portato dal vento.

Forse dovrei passare, penso, dai Douglas della curva, che da pochi metri più avanti scendono fin quasi sopra dove avevo visto quelle persone.

Non riesco a decidermi anche perché la brezza tiepida che continua a soffiare mi fa quasi addormentare (sono piuttosto stanco, da quasi dodici ore erro frugando qua e là senza trovare questi benedetti funghi; ne avrò sì e no tre etti, piccolini per giunta).

A un certo punto, mentre sono lì un po’ trasognato che rimugino, qualcosa in cielo attira la mia attenzione.
Guardo meglio e vedo due cornacchie che si avvicendano in acrobazie spericolate attorno ad un uccello molto più grosso che vola dritto e accoglie i loro affondo rivoltandosi sul dorso per mostrare le zampe irte di artigli acuminati.
 

È la solita eterna lotta tra corvi e rapaci.
Quella che vedo è una poiana molto grossa, probabilmente una femmina.
Procede lentamente come tutti i rapaci quando volano in piano mentre invece le cornacchie le si buttano addosso in veloci picchiate per riprendere quota pochi istanti prima di stabilire un contatto che per loro sarebbe quasi certamente letale.
Arrivano dal Gualdo e scorrono lentamente davanti a me in direzione di Montemignaio e della Secchieta, ripetendo senza sosta quella specie di rituale acrobatico.
Quando ormai sono dei puntini lontanissimi confusi con la massa opaca della montagna, mi riprendo dal torpore che mi bloccava e senza quasi rendermene conto scendo a sinistra tra gli alberi.
E nel buio delle conifere ancora giovani vedo tutto giallo!
Da tutte le parti, per decine di metri Prugnoli in lunghe teorie, piccoli, medi e grossi, qualcuno già passato.
Una fungaia attaccata all'altra, a cerchi, a zig-zag, a gruppetti, a filetto, in tutti i modi!
Riempio il paniere, riempio due borse che ho nel carniere, ne raccatto un altro po' avvolgendoli nella giacca con le maniche annodate.
Poi smetto perché ormai è troppo scuro e comincia a piovere sul serio.
Ci tornerò il giorno dopo che è sabato con il mio compagno di avventure di allora (se ne è andato nel 2008, purtroppo) e riempiamo, esplorando anche più avanti lo stesso versante, il baule della 128, fino all'orlo.
E per tre o quattro anni abbiamo continuato a portarne via quantità incredibili.
Poi i Douglas crescendo devono aver modificato la situazione del terreno perché i Prugnoli nel giro di qualche anno sono pressoché spariti.
Molte piante si sono seccate ed hanno dato di balta con tutta la zolla, sono arrivati i cinghiali, veri, e dopo di loro anche quelli a due zampe.
Il terreno è diventato impraticabile perché nelle radure che si sono aperte sono cresciuti rovi e ortiche ed è diventato tutto un groviglio di tronchi marcescenti ricoperti dalla vegetazione che non fa vedere più niente e in cui comunque non si riesce ad entrare senza correre il rischio di farsi male.
Ora ci vado una volta a fine stagione, solo per rivisitare un posto un tempo favoloso ma che ormai lo è solo nella mia mente.
In cui al massimo posso raccapezzare un mezzo paniere, quando va bene e solo perché so dove si trovano le poche Prugnolaie che ancora buttano qualche fungo.
Un rito destinato a non protrarsi per molto ancora.
Anche se mi sembra di essere ancora lì ad osservare il volo di due cornacchie e una poiana.
Bei ricordi e tanta malinconia.


Nota: Tutto quanto riportato nel racconto è rigorosamente vero. Del resto nomino i posti e anche chi non ha esperienza della Consuma può individuare facilmente il versante di cui parlo. Ho aggiustato solo qualche particolare per arrotondare un po' il racconto e dare sfogo al rimpianto per un posto bellissimo. Alternative valide adesso non mi mancano ma quella fu un'esperienza particolare che avrò sempre qui, negli occhi, finché vivrò.

                                                      

                                 FINE


Detto e raccontato più o meno tutto quanto avevo in mente.

P.S.: Ore 17:50. Scusate la pessima formattazione ma, quando scrivo e sistemo sulla bozza, dà tutto a posto e in linea come voglio.
Dopodiché apro l'anteprima o visualizzo il Post e trovo tutto a carte quarantotto come gli pare a questo cavolo di Blogger.
Facile da utilizzare e soprattutto...affidabile.
Maledizione!



Un cordiale saluto a tutti quanti! 

 

domenica 22 marzo 2020

Repetita juvant 1 - Dormiente


Buongiorno a tutti!


Come promesso a Paolo Cozzi, inizio oggi la pubblicazione di alcune schede dei funghi che formano oggetto delle mie raccolte.
Avevo detto che avrei ripescato quanto postato agli inizi sul Blog ridimensionandolo per rendere più agevole la lettura ma poi ho deciso di utilizzare del materiale ex novo che avevo preparato qualche anno fa e di cui avevo quasi dimenticato l'esistenza.
Frugando tra le varie cartelle ho recuperato alcune schede e, anche se si tratta di testi molto più lunghi di quanto molti avranno voglia di leggere, comincio a metterle in linea perché penso possano essere utili per chi voglia accostarsi per la prima volta all'hobby della ricerca dei funghi.

Quindi ecco la prima scheda, quella del primo fungo a comparire nell'arco dell'annata, il

Dormiente (Marzuolo)
Hygrophorus marzuolus (Fries) Bresadola


Molti, transitando in pieno inverno sulla strada che collega Tosi a Vallombrosa o su quelle che dal Saltino portano al Passo della Consuma e in Secchieta, avranno notato delle automobili ferme nelle piazzole o a bordo strada e si saranno domandati cosa stessero facendo quelli che le avevano parcheggiate.

La risposta ad alcuni suonerà un po’ strana. 
Quelle persone, in massima parte, erano alla ricerca di un fungo che nasce proprio in questa stagione: il Dormiente.

Un fungo singolare la cui apparizione segna l’inizio della nuova stagione micologica. In passato i primi esemplari si cominciavano a trovare nella prima decade di gennaio, ma talvolta apparivano già alla fine di novembre mentre la fruttificazione perdurava in zone di alta montagna (Appennino tosco-emiliano), sotto abeti bianchi ed anche rossi, sino alla fine di maggio.

Adesso però, con il cambiamento climatico, il periodo di fruttificazione si è spostato molto in avanti e quasi sempre bisogna aspettare la seconda metà di febbraio, se non la prima di marzo.

Il primo a descrivere il nostro fungo fu il micologo fiorentino Pier Antonio Micheli nel 1729. La descrizione esatta però dei caratteri morfologici è stata fatta in epoca molto più tarda (1893/94) dall’abate Bresadola, il quale riferiva che la raccolta annua a Vallombrosa variava dai 30 ai 100 quintali ed il prezzo di vendita da 45 a 90 centesimi di lira al chilo.

Si tratta di un fungo piuttosto abbondante nei luoghi di nascita che però non sono molti. Almeno quelli conosciuti. Perché probabilmente ce ne sono altri e, se finora si sono avute poche notizie sulla sua diffusione, ciò è dovuto al periodo di crescita invernale che vede pochi escursionisti aggirarsi per i boschi resi inospitali dal clima. Ultimamente però, con il diffondersi delle conoscenze e soprattutto della passione per i funghi, è stato individuato in altre zone della Toscana, anche in ambienti molto diversi da quelli tradizionali (Vallombrosa, Abetone). Non solo in montagna (Cetica, Scopetone, Amiata) ma anche sotto essenze diverse dalle abetine (pinete, boschi di cerro, castagneti, faggete) e in pianura o in zone collinari (Arezzo, Roveta, Tavarnelle Val di Pesa, Torrita di Siena).



Morfologia. L’Hygrophorus marzuolus è un fungo simbionte, soprattutto degli abeti bianchi (Abies alba). Nasce sotto terra per poi emergere a maturazione dalla spessa lettiera di aghi e foglie del bosco. All’inizio, quando è ancora ipogeo, è di colore bianchissimo, ma appena comincia ad affacciarsi nel terreno, assume nelle zone del cappello esposte alla luce una colorazione grigio perla che poi rapidamente diviene scura, quasi nera. Difficilmente esce del tutto allo scoperto e, se nasce nel terreno nudo, rimane aderente al suolo imitando col suo colore nerastro quello dei sassi vicini. Talvolta nasce a profondità notevoli (anche dieci centimetri) e, se legato dalle radici degli abeti, si decompone senza riuscire ad emergere dal terreno. Normalmente però ci riesce ed i lobi del suo cappello si incurvano verso l’alto per disperdere le spore.

Il cappello è piuttosto arrotondato, globoso, con la cuticola asciutta, separabile. Il gambo, dapprima tozzo, diviene poi allungato. Le lamelle sono rade e spesse, decorrenti. Sia gambo che lamelle, candidi all’inizio, a maturità assumono una intensa colorazione grigia anche se non scura come quella del cappello. La carne rimane sempre bianchissima, salvo un alone grigiastro al di sotto della cuticola.

Il fungo, piuttosto difficile da vedere a causa del suo modo di nascere (per questo viene chiamato Dormiente, perché sembra “dormire” sotto le foglie), qualche volta viene messo in evidenza dai morsi degli scoiattoli e dei caprioli che ne sono ghiotti. Allora è probabile che se ne possano scoprire altri nascosti. Difatti si tratta di un fungo gregario che può formare anche famiglie numerose. Talvolta in gruppi appressati di diversi esemplari che però spesso si dividono quando vengono colti.

Il cappello a maturazione raggiunge mediamente un diametro di 6-12 centimetri mentre il gambo si assottiglia ed allunga fino a raggiungere talvolta i 10 centimetri.






Periodo di nascita. Da qualche anno i Dormienti tendono a ritardare, probabilmente per il ripetersi delle gelate con il terreno scarsamente innevato. Difatti, con il mutare del clima, le nevicate si sono molto ridotte e comunque spesso il manto nevoso anche in pieno inverno si scioglie velocemente lasciando il terreno, e con esso il micelio, esposti al gelo. Così da diversi anni gli appassionati devono attendere a lungo prima di poter iniziare la ricerca di questo fungo. Che d’altronde viene chiamato anche Marzuolo proprio perché tipico del mese di marzo. Poi, col regredire del freddo, la sua nascita diviene abbondante, fino a raggiungere il massimo a fine marzo/aprile. Da tenere presente che, quando la stagione è fredda, l’accrescimento del fungo è lentissimo. Un esemplare può impiegare anche 2-3 settimane prima di raggiungere dimensioni apprezzabili. E comunque è difficile che se ne trovino di grandi. Sul tardi, invece, la crescita è velocissima (ed anche il deperimento). Allora gli esemplari divengono più massicci e capita spesso di trovarne qualcuno che non riesce a uscire dal terreno perché avviluppato dalle terminazioni radicali degli abeti. È in questo periodo che i Dormienti vengono attaccati dalle limacce ed altri abitanti del sottobosco. Quando gli inverni erano più rigidi ma anche molto più nevosi, i Dormienti si trovavano già ai bordi dei banchi di neve in fase di scioglimento. Talvolta semicongelati. Memorabile fu il maggio del 1980 all’Abetone. Nella foresta della Secchia, con la neve alta in alcuni punti più di mezzo metro, ai piedi degli abeti si potevano trovare grandi famiglie di funghi bianchissimi lasciati d’improvviso allo scoperto dalla neve che si ritirava (il legno vivo è “caldo” e fa fondere la neve attorno al tronco). I Dormienti addirittura si intravedevano al di sotto del manto nevoso reso traslucido dal disgelo. Bastava aprire la neve con le mani per raccoglierli, anche se un po’ fradici. La nascita si protrasse fino alla metà di giugno, quando però la maggior parte dei funghi divenne inutilizzabile per il proliferare dei collemboli (insettini neri, piccolissimi tanto da sembrare granellini di polvere che talvolta ricoprono in massa la neve proprio come accade col deposito dello sporco atmosferico). Evento piuttosto insolito perché il Dormiente difficilmente “baca” e qualche raro esemplare viene attaccato solo all’arrivo del caldo. E quell’anno si finì proprio fuori stagione!





Commestibilità. Dal punto di vista gastronomico il Dormiente è un fungo piuttosto apprezzato. Forse anche a causa del fatto che nel suo periodo di nascita di funghi nel bosco c'è poco altro. Comunque alcuni lo trovano insipido. Ed in effetti è un fungo poco saporito, ma forse i suoi estimatori lo sono proprio per la delicatezza della sua carne che lo rende gradevole al palato e facilmente digeribile. Va però anche detto che spesso non sa di niente perché lo chef non è all’altezza.

Gli abitanti di Vallombrosa ne fanno frittate, ma è ottimo anche fatto cuocere qualche minuto con un po’ di panna, oppure tagliato a fette e fritto indorato. È pure molto gradevole conservato sott’olio con aglio, pepe e rosmarino o alloro.

Una curiosità, i montanari dicono che “Dopo Pasqua Dormienti e predicatori ‘un son più boni”. Difatti questo fungo, che è praticamente inodore, agli inizi di aprile comincia a profumare un po’ di resina. A me sembra che le sue qualità organolettiche non vengano alterate. Però da un punto di vista estetico ed anche pratico, va detto che in quel periodo è facile trovarne molti rovinati dagli animali che se ne nutrono. Oppure, in caso di siccità, i funghi vengono resi fragili, quasi gessosi, dalla mancanza di umidità. Tutti inconvenienti che potrebbero spiegare il detto popolare.




Osservazioni. Purtroppo questo fungo, come tanti altri, è in fase di regresso e le raccolte si fanno sempre più scarse. Le ragioni sono molteplici. L’intensa caccia a cui viene sottoposto essendoci, almeno fino a marzo, pochi altri funghi da raccogliere. La diffusione sempre più ampia e massiccia di ungulati (cinghiali, caprioli, daini) che calpestano e sconvolgono in maniera drastica (soprattutto i cinghiali) il terreno alla ricerca di cibo. Le malattie che portano allo schianto degli abeti, attaccati dalle piogge acide, da insetti e funghi parassiti e scalzati alle radici dall’azione dei cinghiali. Il cambiamento del clima che altera le condizioni ambientali, soprattutto nelle stazioni di bassa quota la cui produttività è diminuita notevolmente. Inoltre, nel caso delle abetine, occorre considerare anche l’età delle piante perché, come molti funghi, anche il Dormiente tende a nascere con più abbondanza negli impianti giovani. Mentre in Toscana le abetine esistenti sono tutte ormai mature perché l’abete bianco, il simbionte d’elezione di questo fungo (ed anche del Boletus edulis, il classico Porcino di abete e di faggio), non viene quasi più utilizzato per nuovi impianti.

C’è da dire poi che negli ultimi anni si sono verificati degli eventi atmosferici eccezionali (12/11/2013 e 5/3/2015) con vere e proprie trombe d’aria che hanno devastato le abetine provocando schianti apocalittici. Solo a Vallombrosa, ma il discorso vale anche per le altre Foreste Casentinesi, è stato calcolato lo sradicamento di almeno ventimila abeti bianchi adulti il che ha cancellato intere zone in cui il fungo in questione nasceva ed a cui poi è seguito il taglio degli alberi rimasti per il recupero del legname che rischiava di andare perduto.

Perché, quando in abetine artificiali come quelle delle nostre foreste si apre un varco, gli alberi superstiti sono eccessivamente lunghi rispetto al poco apparato radicale che hanno potuto sviluppare nella competizione con gli altri per trovare la luce del sole. Per cui, quando la ferita è aperta, in situazioni di grande vento e soprattutto dopo consistenti nevicate o forti piogge, un poco alla volta viene giù tutto.
Inoltre le ultime annate, e anche quella in corso, hanno avuto un andamento primaverile particolarmente siccitoso che ha interrotto anticipatamente la nascita.

La legislazione vigente consente la raccolta di esemplari con il diametro del cappello superiore a 2 centimetri, con un massimo giornaliero di 3 kg.




La ricerca è impegnativa perché i corpi fruttiferi del fungo sono quasi invisibili nella lettiera del bosco. E anche, quando escono allo scoperto, il colore scuro li aiuta a mimetizzarsi in mezzo ai sassi e ai detriti di cui è cosparso il terreno. I cercatori si avvalgono di bastoni appuntiti con cui saggiano delicatamente i rigonfiamenti del terreno e delle foglie. Anche per raccoglierli occorre scalzarli con il bastone. Altrimenti è molto facile sciuparli a causa della fragilità della loro carne. Per chi intendesse iniziare questa ricerca sarebbe bene che lo facesse sotto la guida di un cercatore esperto. Altrimenti si corre il rischio di trovare poco e niente mentre si possono incontrare dei concorrenti che hanno il paniere pieno (per legge i funghi devono essere riposti in un contenitore rigido e aerato, non in buste di plastica e simili), il che potrebbe far abbandonare una ricerca che invece, saputa fare, è piuttosto divertente. Non fosse altro che per la stagione inconsueta e l'ambiente bellissimo in cui si svolge, l'abetina.


Qualche foto (anni 2017/9)


































Fine

Spero di non essere stato eccessivamente lungo ma d'altronde ritengo che quanto ho scritto potrà tornare utile ai neofiti o comunque a chi si volesse documentare.




Un cordiale saluto