sabato 11 aprile 2020

Repetita(?) juvant 4 - Ovolo e alcune Amanite (tossiche).



Buongiorno a tutti!

Eccomi qua.

Nonostante quello che avevo detto al termine del Post precedente, in questi giorni di clausura mi sono imbarcato nell'impresa di buttar giù, come mi era stato suggerito nel corso dei Commenti della settimana passata, una nuova scheda con alcune specie del genere Amanita di grande interesse, nel bene e nel male, per i cercatori di funghi.

Frugando tra le foto degli scorsi anni, sono riuscito a ripescare una quantità sufficiente di immagini per trattare la materia in maniera adeguata e così eccomi qui a parlare, ma non solo, dell'


Ovolo
Amanita caesarea, (Scop. : Fr.) Pers.

Altri nomi: Boleto, Cocco, Cucco, Fungo reale, Ovulo


Descrizione



Cappello: Da emisferico a convesso, spianato quando aperto, margine con marcata striatura.
Cuticola color rosso-aranciato brillante, quasi metallizzata, che poi a maturazione tende ad assumere una colorazione più chiara (giallo-arancio), sovente con qualche lembo residuo del velo generale.

Dimensioni mm. 70-180 (250).

Lamelle: Libere, fitte, intercalate da lamellule, color giallo-cromo.



Gambo: Stesso colore giallo delle lamelle, spesso decorato a zig-zag con colorazione più intensa, sezione centrale bianca soprattutto in basso, quasi fosse farcito. Anello giallo pure lui, pendulo, striato, persistente.

Dimensioni mm. 60-180 (200) x 10-20 (30).



Volva: Bianca, membranacea, larga, rastremata a forma di cono rovesciato. Tendente a formare areole nella parte superiore, per poi aprirsi e lasciar uscire il cappello sul quale possono rimanere dei lembi.



Carne: Bianca ma giallo-cromo subito sotto la cuticola e nella parte esterna della sezione del gambo. Odore e sapore tenui, gradevoli.





Habitat


Si tratta di un fungo che ama le zone a clima caldo e secco. Nasce sotto castagni e querce di varie specie, verso il mare a partire dalla metà di maggio, fino a novembre inoltrato, se la stagione lo permette. Un tempo abbondava nei boschi di collina e media montagna (fino ai 1.000 m.) ma poi in seguito all’abbandono degli stessi il suo areale di crescita si è ridotto alle zone prettamente mediterranee e ai castagneti da frutto ancora coltivati. Predilige i querceti, le zone aperte, i tagliati, le zone in cui il terreno non è eccessivamente coperto da arbusti o detriti.   






Note


È un fungo che ha lo stesso periodo di nascita dei Porcini e che viene raccolto dai cercatori un po’ in tutto il territorio della regione, ma soprattutto nella parte Sud, senese, Maremma e dintorni, fino ai boschi della costa grossetana.

Un tempo era molto più diffuso ma in molte zone è sparito a causa dell’abbandono della silvicoltura. Io feci il mio primo incontro con questo fungo negli anni ’50 a Pavana Pistoiese al confine con l’Emilia. Ce ne nascevano moltissimi. Le ultime volte che ci sono andato, nei primi anni ’70, avevano smesso di pulire i castagneti ed era praticamente estinto.

Per me è in assoluto il più bello dei funghi, quando giovane e integro. 
Spesso però è attaccato da una muffa (Mycogone rosea, Link) che lo rende molliccio e pesante, imperlato di gocce di fluido acquoso che in breve lo fa marcire del tutto.

Quanto alla commestibilità, è un ottimo fungo che però io non apprezzo molto.
L’unico modo in cui lo gradisco è servito crudo, tagliato a fettine e condito con olio, sale e limone. 
De gustibus…
E difatti, come suggerisce il nome, si tratta di un fungo che duemila anni fa era considerato degno dei Cesari, gli imperatori romani, e che servì almeno una volta ad eliminarne uno (Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, 54 d.C., avvelenato dalla moglie Agrippina per fargli succedere il proprio figlio Nerone, ancora ragazzo, per cui fu lei ad assumere la guida dell'impero
) mediante la somministrazione di un “sosia” mortale, l’Amanita phalloides. 
Ho messo le virgolette a sosia perché in effetti si tratta di due funghi totalmente diversi per colorazione (A. caesarea rosso-arancio, A. phalloides verde o beige, talvolta bianca). Però, quando il piatto viene presentato già cotto, chi li distingue più? Fu così che Nerone poté poi bruciare Roma, grazie anche alla “scienza” della fattucchiera che preparò l’intingolo (Locusta, un nome che è tutto un programma) per l’aspirante vedova (e imperatrice), che però il figlio cinque anni dopo fece eliminare brutalmente. Tanto perché fosse chiaro il suo pensiero.

Di seguito presento anche le schede di A. phalloides, A. muscaria e, ormai che ci sono, di A. pantherina. Le prime due in quanto possibili fonti di equivoco e di avvelenamenti più (A. phalloides) o meno (A. muscaria) gravi; la terza perché responsabile in forma più severa dello stesso tipo di sindrome (denominata panterinica) a carico del sistema nervoso centrale causata da A. muscaria.

Dico subito che, a parte la colorazione da adulti, A. caesarea e A. phalloides allo stadio giovanile (cioè con la volva ancora chiusa) si differenziano perché il primo presenta la parte rastremata del carpoforo rivolta in basso, inserita nel terreno, mentre il fungo velenoso ha la parte più appuntita rivolta in alto. 
Se poi si seziona in verticale l’”ovolo”, A. caesarea mostra il sottile arco della cuticola di colore giallo, particolare che invece in A. phalloides è verdognolo o incolore.

Da parte sua, A. muscaria, nasce in ambienti diversi (in montagna) dall’Ovolo, che è di zone più basse anche se poi i punti di contatto e co-presenza non mancano. Comunque la tossicità di A. muscaria è piuttosto ridotta. Si potrebbe quasi dire che è più un allucinogeno che un fungo velenoso. Tanto è vero che stregoni e sciamani di alcune popolazioni della Siberia (ma non solo) dopo opportuno trattamento lo ingerivano per avere le loro "visioni profetiche". 

Una curiosità. 
I Romani chiamavano A. caesarea "Boletus"; sì, proprio come chiamiamo noi oggi il genere a cui appartiene il Porcino, che loro invece chiamavano "Suillus", cioè porcello.
E così oggi in alcune regioni del Centro Italia gli Ovoli vengono ancora chiamati Boleti.

Chiudo ripetendo che A. cesarea è tipico delle zone temperate a latifoglie (senese, Maremma, ma non solo), sotto castagni (meno, per l’abbandono di molti boschi), querceti, molto nei tagliati e sotto scopa (Erica scoparia/arborea), che poi è uno degli arbusti più frequenti dell'ambiente collinare. 
Con particolare predilezione per i luoghi in cui la vegetazione del sottobosco è rarefatta e lascia entrare molta luce solare, per le zone colpite da incendi o in cui sono stati fatti lavori forestali o anche il semplice taglio del sottobosco nei castagneti da frutto.

La raccolta è consentita per esemplari di cui devono essere visibili le lamelle, nella solita misura massima complessiva di 3 kg.


Ed ora un po' di foto:




Appena affacciato nell'humus.

Notare le areolature che precedono l'apertura della volva.

L'erosione della lumaca ha portato allo scoperto la colorazione pileica giallo-arancio.
L'altro esemplare più piccolo lascia già trasparire lo stesso colore nella parte centrale.

Inizia la schiusa.





Quasi completamente sbocciato. Notare la volva a forma di cono rovesciato.


Bellissimo. Notare la granulosità della cuticola in fase espansiva.


Tre "punte" verso il basso.






Negli esemplari maturi la colorazione del cappello tende un po' a sbiadire.





Danni iniziali da Mycogone rosea.

Qui in stadio più avanzato.

Enorme, più di 25 cm. e oltre il mezzo chilo.









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Amanita phalloides, (Vaill. ex Fr. : Fr.) Link  
Nomi volgari: Angelo della morte, Tignosa verdognola


Descrizione



Cappello: Da emisferico a convesso, in gioventù spesso un po' appuntito, spianato quando aperto, cuticola da bianca a beige e verde con sottili fibrille radiali che la fanno sembrare metallizzata. Talvolta con qualche lembo residuo del velo generale.

Dimensioni mm. 70-130 (180). 



Lamelle: Libere, larghe, fitte e sottili, bianche.



Gambo: Bianco. Spesso decorato da bande zig-zag di colore leggermente più scuro. Tende a rastremarsi verso l'alto. Farcito e bulboso alla base. Anello a gonnellino, bianco.

Dimensioni mm. 70-130 (150) x 10-20 (25).



Volva: Bianca, membranacea, più larga e arrotondata in basso.



Carne: Bianca, con sfumatura più o meno verdolina sotto la cuticola. Odore un po' sgradevole che tende ad accentuarsi a maturazione.




Habitat


Nasce sotto castagni, querce di varie specie, conifere ed altre essenze a partire dall'estate fino a novembre inoltrato. Molto diffuso in ambiente mediterraneo. Personalmente non ho grande esperienza di quanto nasca in montagna. Talvolta ne ho visto qualche piccolo gruppo sia nei faggi che negli abeti ma certamente non in grande quantità come lo si può incontrare in ambiente mediterraneo.


Note


È il fungo responsabile della maggior parte degli avvelenamenti con esito gravissimo, spesso mortale. Talvolta viene confuso con Prataioli o Russule varie aventi le stesse colorazioni pileiche.
Per quello che ci interessa ora, e cioè la confusione con A. caesarea, l'errore diviene possibile se si raccolgono Ovoli ancora avvolti nel velo generale, cioè chiusi. E difatti è vietato.
Come detto, A. caesarea ha la parte tondeggiante sopra e la parte più ristretta rivolta in basso.
Il contrario avviene invece per A. phalloides che spesso nasce con il cappello appuntito e quindi ha la parte più larga a contatto con il terreno.
Inoltre, alla sezione verticale, A. caesarea presenta in alto il sottile arco aranciato della cuticola mentre in A. phalloides questo arco è verde o più chiaro tendente al bianco (sia nella specie tipo che nella forma bianca, perché ne esiste anche una forma bianca, A. phalloides, var. alba, Costantin & L.M. Dufour).
Inoltre A. phalloides è il capobanda
di una triade velenosissima con Amanita verna, (Bull. : Fr.) Lam. ed Amanita virosa, Bertill., che però qua da noi sono fortunatamente poco diffusi.
A. virosa è proprio delle foreste montane di abete rosso a partire dall'estate e non credo di averlo mai visto.
Invece A. verna lo trovo qualche volta negli ambienti misti di castagno di media montagna a maggio/giugno. Praticamente è una replica un po' più piccola di A. phalloides ma di colore completamente bianco e che può essere facilmente confusa con i Prataioli che però hanno le lamelle rosa e niente volva. Ci sono anche altri caratteri che lo differenziano ma ad un colpo d'occhio grossolano sono questi quelli più facilmente osservabili. 
Quindi, se trovate in tarda primavera, dei funghi totalmente bianchi che ripetono la forma di A. caesarea e/o di A. phalloides con la presenza contemporanea di anello e volva, ripeto tutte e due insieme anello e volva (i Prataioli, ribadisco, la volva non l'hanno e proprio per questo andrebbero raccolti interi senza tagliare il gambo, come invece molti fanno), probabilmente siete in presenza di un'Amanita verna. 
E lasciatela perdere, è meglio.
Difatti bastano poco più di 50 grammi di questi funghi per uccidere un uomo di sana e robusta costituzione. 
La loro alta letalità sta anche nel fatto che i primi sintomi dell'avvelenamento appaiono con 12/24 e più ore di ritardo, quando gli organi bersaglio (soprattutto il fegato, che va in necrosi come nelle cirrosi fulminanti) delle tossine entrate in circolo (amanitine e falloidine) sono stati ormai irrimediabilmente compromessi.
Se l'avvelenamento si manifesta entro le 8 ore dall'assunzione del fungo, si può intervenire con la somministrazione di dosi massicce di penicillina o di altre sostanze aventi la funzione di bloccare l'aggressione delle tossine ai danni della cellula epatica. Però quasi sempre chi si salva deve sottoporsi permanentemente a dialisi o, quando possibile, a trapianto di fegato.
Altrimenti dopo i primi sintomi, il soggetto ha un momentaneo miglioramento, ma poi si aggrava e nel giro di due o tre giorni muore tra atroci sofferenze.
Come ho già scritto, nella sezione dell'Ovolo, Agrippina quasi duemila anni fa utilizzò A. phalloides per far fuori il marito, l'imperatore Claudio, ed aprire la successione al figlio minorenne Nerone, prendendo così lei il potere. 
Finché cinque anni dopo il figlio le restituì il favore, definitivamente.
Proprio della brava gente, viene da dire!
Come la Phalloides, che più che un fungo pare una belva.


Qualche foto:











Carpoforo di colorazione giallo-verdognola.

Esemplare chiaro in apertura. Notare il cappello appuntito.

Da sopra.

Tolto dal terreno. Sedere tondo e capoccia appuntita.

A. caesarea a confronto. Sedere appuntito e capoccia tonda.

Erosioni di lumache. Sembra che fino a un certo punto ne possano mangiare senza danni.
Oppure non fanno in tempo a raccontarlo?



Gruppetto in ambiente di querce.




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Amanita muscaria, (L. : Fr.) Lam.  
Nomi volgari: Ovolo malefico, Piscialletto





Descrizione



Cappello: Da emisferico a convesso, spianato quando aperto, depresso a maturità, margine appena striato, cuticola color rosso acceso, decorata da fitte verruche piramidali bianche disposte concentricamente.

Dimensioni mm. 100-180 (250). 



Lamelle: Bianche, libere, fitte, ventricose.

Gambo: Bianco, cilindrico, attenuato in alto, bulboso, duro e fibroso, ornato da leggere squame. A maturazione diviene cavo.

Dimensioni mm. 60-180 (200) x 10-20 (30).



Volva: Bianca, friabile, formata da fasce concentriche di verruche.



Carne: Bianca, odore e sapore tenui.




Habitat


Fungo gregario, tipico delle foreste montane di abeti, faggi e castagni, ma presente anche in zone collinari laddove vi siano le condizioni favorevoli alla sua nascita.
Fa la sua comparsa insieme a Boletus edulis ed è uno degli ultimi funghi ancora presenti quando la stagione volge al termine.



Note

Tipico fungo delle fiabe con le fate e gli gnomi. Forse il più decorativo in assoluto. 
Nasce in grandi famiglie che possono contare decine di esemplari.
Si distingue da A. caesarea per la presenza di verruche bianche piuttosto fitte e rilevate sul cappello rosso (più marcato di quello dell'Ovolo) e per l'anello e gambo bianchi anzichè gialli.
Quando è ancora chiuso ad uovo ha forma ben diversa da quella arrotondata del suo confratello, mantenendo una specie di cercine a dividere la zona superiore, quella da cui si formerà il cappello, dal bulbo della volva da cui si allungherà il gambo.
Una specie di trottola bianca, insomma, coperta di verruche. 
Come avevo cominciato a scrivere prima, dà luogo a sindromi di tipo panterinico ma meno gravi di quelle indotte da A. pantherina, la cui scheda chiude questa breve rassegna ed a cui rimando per una breve descrizione degli effetti della sindrome stessa. 
Più che altro A. muscaria sembra essere un discreto allucinogeno e gli sciamani di varie popolazioni della Siberia ne facevano uso per avere visioni e fare vaticini in occasione delle cerimonie tribali.
Inoltre sembra che la sua tossicità possa dipendere anche dalle latitudini (forse la composizione del terreno o l'evoluzione in certe zone delle popolazioni di A. muscaria).
Leggo che sul Lago di Garda, questo fungo viene raccolto e mangiato, dopo averlo sottoposto ad un trattamento che lo rende commestibile
David Arora, micologo statunitense, riferiva sul Bollettino del Gruppo Micologico G.Bresadola Trento (anno XLIII n. 2/2000 - Numero monografico Genere Amanita, pagg. 38-40) che, nella Prefettura di Nagano nella zona centrale del Giappone, A. muscaria viene comunemente raccolta e mangiata dopo bollitura di cinque minuti e scarto dell'acqua di cottura. 
Non solo, sembra che stesso trattamento riservino anche ad A. pantherina (i principi tossici sarebbero idrosolubili).
Arora era andato nei boschi vicino alla città di Ueda per prendere Boletus edulis, diffusissimo sotto betulle ma che nessuno raccoglieva, e si era sentito canzonare da due cercatori locali che avevano tre borse di A. muscaria. 
Loro i Porcini li prendevano a pedate perché li infastidivano; se li trovavano sempre tra i piedi!
Questo l'ho potuto constatare anch'io una ventina di anni fa a Sapporo l'unica volta che ci capitai nella stagione adatta. Allo Stadio Olimpico del 1972, nelle aiuole spartitraffico con betulle e abeti rossi, c'erano Boletus edulis di tutte le taglie, pestati o buttati all'aria. Addirittura ne trovammo uno grosso schiacciato con sopra impressa l'impronta dello pneumatico di una bicicletta. 
Adesso però, con il proliferare dei Gruppi micologici e il diffondersi delle conoscenze, i Porcini li prendono anche nel Paese del Sol Levante.
Comunque, tornando ad A. muscaria, è meglio non correre rischi.
Non credo sia il caso di inventare sistemi per mangiare un fungo (nell'articolo succitato Arora diceva che già venti anni fa A. muscaria era di consumo abbastanza frequente pure in California!) che può dare dei disturbi piuttosto sgradevoli, quando ce ne sarebbero tantissimi altri sicuramente commestibili che non vengono raccolti.
Certo che nel 2019 i giapponesi di Nagano qua da noi avrebbero fatto festa!
Personalmente tra Vallombrosa ed Abetone ho visto parecchie tonnellate di Muscaria, con esemplari colossali che dovevano pesare anche parecchi etti.

Prima di chiudere vorrei fare alcune puntualizzazioni sulla possibilità di confusione con A. caesarea. Esiste anche una forma di A. muscaria un po' più piccola (A. muscaria var. aureola, Kalchbrenner), che non ha verruche sul cappello e la cui cuticola è di un colore più aranciato delle specie tipo, in pratica lo stesso di A. caesarea. Comunque tutti i particolari inferiori del carpoforo (lamelle, anello e gambo) rimangono bianchi e quindi è facilmente distinguibile dall'Ovolo.
Inoltre è da tenere presente che con tempo piovoso A. muscaria può essere dilavato dalla pioggia battente e perdere le verruche del cappello. Però nella parte inferiore rimane bianco. 
Solo a maturità lamelle e gambo possono assumere un colore giallognolo dovuto all'inizio della decomposizione. 
Quindi, attenzione, se trovate un "Ovolo" a 1.300 metri negli abeti o nei faggi, non può essere una Caesarea. E si corre pure il rischio di beccarsi una doppia intossicazione, per sindrome neurotossica panterinica e assunzione di alimenti avariati.

Dimenticavo di dire che l'appellativo di Muscaria deriva dall'uso che, si racconta, ne veniva fatto in passato per eliminare lo svolazzare molesto delle mosche.
Il fungo, immerso in una ciotola di latte, avvelenava il liquido e così gli insetti che andavano a suggerlo ci cadevano dentro storditi e annegavano!


Concludendo, un gran bel fungo ma da trattare con prudenza e comunque da lasciare indisturbato al suo posto nel bosco.


Poche foto, tanto lo conosciamo tutti molto bene:




Notare la volva suddivisa in linee di verruche bianche e rilevate.







     

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Amanita pantherina, (DC. : Fr.) Krombh.  
Nomi volgari: Tignosa bruna, Tignosa rigata


Descrizione



Cappello: Da emisferico a convesso, spianato quando aperto, talora depresso a maturità, margine striato, cuticola color beige-bruno-marrone, decorata da piccole verruche farinose bianche, talvolta fitte e disposte circolarmente.

Dimensioni mm. 100-180 (250). 



Lamelle: Bianche, libere o appena smarginate, fitte, un po' ventricose



Gambo: Bianco, cilindrico, attenuato in alto, bulboso, duro e fibroso, glabro, a maturazione diviene cavo.

Dimensioni mm. 80-120 (150) x 10-20 (25).



Volva: Bianca, aderente ma che tende a dissociarsi in anelli.



Carne: Bianca, odore e sapore un po' sgradevoli.




Habitat


Fungo gregario, piuttosto diffuso, che talvolta forma famiglie numerose anche se poco appariscenti, tipico delle foreste montane e collinari, sia di conifere che di latifoglie.
Fa anch'esso la sua comparsa insieme ai Porcini, con l'inizio dell'estate e permane fino ai primi freddi.



Note



È un fungo tossico che può dar luogo ad avvelenamenti piuttosto gravi (sindrome panterinica), che in soggetti defedati da altre patologie possono anche avere esito letale. 
Per questo accanto al binomio linneano ho messo il simbolo di grave pericolo.
La sintomatologia si manifesta nel giro di 3 ore. Nei casi meno gravi con nausea, vomito e diarrea. Sintomi che di norma sono assenti in quelli più gravi che presentano invece stato comatoso e forti disturbi psicomotori. La parte acuta dell'intossicazione si risolve nel giro di poche ore, massimo mezza giornata, se non ci sono complicanze.

Ne esiste una forma particolare, A. pantherina var. abietum, (E.-J. Gilbert) Neville & Poumarat, che nasce nelle foreste montane, più massiccia della specie tipo, senza striature al margine e con la cuticola di colore più scuro.

A, pantherina è spesso associato ai Porcini di cui è una "spia" abbastanza attendibile.
Almeno io lo trovo molto più affidabile di A. muscaria, che al Nord chiamano Segnabrise e nasce sì nell'ambiente dell'Edulis ma è talmente diffuso e sgargiante che non ci si capisce più niente.
Invece A. pantherina è meno invasivo, non foss'altro per il colore più sobrio e la taglia ridotta. 
Così guardando con attenzione nelle vicinanze talvolta si possono trovare anche i Porcini.
E forse l'importante è proprio avere qualcosa su cui appuntare la propria attenzione, senza che sia talmente soverchiante da far perdere la concentrazione.


Ecco le poche foto in mio possesso:







Sotto la pioggia.

                               









Boletus aereus + Amanita pantherina.

Boletus aestivalis




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Credo sia tutto, più o meno.

Comunque se ci sono domande io sono qua.





Un cordiale saluto a tutti!