domenica 22 marzo 2020

Repetita juvant 1 - Dormiente


Buongiorno a tutti!


Come promesso a Paolo Cozzi, inizio oggi la pubblicazione di alcune schede dei funghi che formano oggetto delle mie raccolte.
Avevo detto che avrei ripescato quanto postato agli inizi sul Blog ridimensionandolo per rendere più agevole la lettura ma poi ho deciso di utilizzare del materiale ex novo che avevo preparato qualche anno fa e di cui avevo quasi dimenticato l'esistenza.
Frugando tra le varie cartelle ho recuperato alcune schede e, anche se si tratta di testi molto più lunghi di quanto molti avranno voglia di leggere, comincio a metterle in linea perché penso possano essere utili per chi voglia accostarsi per la prima volta all'hobby della ricerca dei funghi.

Quindi ecco la prima scheda, quella del primo fungo a comparire nell'arco dell'annata, il

Dormiente (Marzuolo)
Hygrophorus marzuolus (Fries) Bresadola


Molti, transitando in pieno inverno sulla strada che collega Tosi a Vallombrosa o su quelle che dal Saltino portano al Passo della Consuma e in Secchieta, avranno notato delle automobili ferme nelle piazzole o a bordo strada e si saranno domandati cosa stessero facendo quelli che le avevano parcheggiate.

La risposta ad alcuni suonerà un po’ strana. 
Quelle persone, in massima parte, erano alla ricerca di un fungo che nasce proprio in questa stagione: il Dormiente.

Un fungo singolare la cui apparizione segna l’inizio della nuova stagione micologica. In passato i primi esemplari si cominciavano a trovare nella prima decade di gennaio, ma talvolta apparivano già alla fine di novembre mentre la fruttificazione perdurava in zone di alta montagna (Appennino tosco-emiliano), sotto abeti bianchi ed anche rossi, sino alla fine di maggio.

Adesso però, con il cambiamento climatico, il periodo di fruttificazione si è spostato molto in avanti e quasi sempre bisogna aspettare la seconda metà di febbraio, se non la prima di marzo.

Il primo a descrivere il nostro fungo fu il micologo fiorentino Pier Antonio Micheli nel 1729. La descrizione esatta però dei caratteri morfologici è stata fatta in epoca molto più tarda (1893/94) dall’abate Bresadola, il quale riferiva che la raccolta annua a Vallombrosa variava dai 30 ai 100 quintali ed il prezzo di vendita da 45 a 90 centesimi di lira al chilo.

Si tratta di un fungo piuttosto abbondante nei luoghi di nascita che però non sono molti. Almeno quelli conosciuti. Perché probabilmente ce ne sono altri e, se finora si sono avute poche notizie sulla sua diffusione, ciò è dovuto al periodo di crescita invernale che vede pochi escursionisti aggirarsi per i boschi resi inospitali dal clima. Ultimamente però, con il diffondersi delle conoscenze e soprattutto della passione per i funghi, è stato individuato in altre zone della Toscana, anche in ambienti molto diversi da quelli tradizionali (Vallombrosa, Abetone). Non solo in montagna (Cetica, Scopetone, Amiata) ma anche sotto essenze diverse dalle abetine (pinete, boschi di cerro, castagneti, faggete) e in pianura o in zone collinari (Arezzo, Roveta, Tavarnelle Val di Pesa, Torrita di Siena).



Morfologia. L’Hygrophorus marzuolus è un fungo simbionte, soprattutto degli abeti bianchi (Abies alba). Nasce sotto terra per poi emergere a maturazione dalla spessa lettiera di aghi e foglie del bosco. All’inizio, quando è ancora ipogeo, è di colore bianchissimo, ma appena comincia ad affacciarsi nel terreno, assume nelle zone del cappello esposte alla luce una colorazione grigio perla che poi rapidamente diviene scura, quasi nera. Difficilmente esce del tutto allo scoperto e, se nasce nel terreno nudo, rimane aderente al suolo imitando col suo colore nerastro quello dei sassi vicini. Talvolta nasce a profondità notevoli (anche dieci centimetri) e, se legato dalle radici degli abeti, si decompone senza riuscire ad emergere dal terreno. Normalmente però ci riesce ed i lobi del suo cappello si incurvano verso l’alto per disperdere le spore.

Il cappello è piuttosto arrotondato, globoso, con la cuticola asciutta, separabile. Il gambo, dapprima tozzo, diviene poi allungato. Le lamelle sono rade e spesse, decorrenti. Sia gambo che lamelle, candidi all’inizio, a maturità assumono una intensa colorazione grigia anche se non scura come quella del cappello. La carne rimane sempre bianchissima, salvo un alone grigiastro al di sotto della cuticola.

Il fungo, piuttosto difficile da vedere a causa del suo modo di nascere (per questo viene chiamato Dormiente, perché sembra “dormire” sotto le foglie), qualche volta viene messo in evidenza dai morsi degli scoiattoli e dei caprioli che ne sono ghiotti. Allora è probabile che se ne possano scoprire altri nascosti. Difatti si tratta di un fungo gregario che può formare anche famiglie numerose. Talvolta in gruppi appressati di diversi esemplari che però spesso si dividono quando vengono colti.

Il cappello a maturazione raggiunge mediamente un diametro di 6-12 centimetri mentre il gambo si assottiglia ed allunga fino a raggiungere talvolta i 10 centimetri.






Periodo di nascita. Da qualche anno i Dormienti tendono a ritardare, probabilmente per il ripetersi delle gelate con il terreno scarsamente innevato. Difatti, con il mutare del clima, le nevicate si sono molto ridotte e comunque spesso il manto nevoso anche in pieno inverno si scioglie velocemente lasciando il terreno, e con esso il micelio, esposti al gelo. Così da diversi anni gli appassionati devono attendere a lungo prima di poter iniziare la ricerca di questo fungo. Che d’altronde viene chiamato anche Marzuolo proprio perché tipico del mese di marzo. Poi, col regredire del freddo, la sua nascita diviene abbondante, fino a raggiungere il massimo a fine marzo/aprile. Da tenere presente che, quando la stagione è fredda, l’accrescimento del fungo è lentissimo. Un esemplare può impiegare anche 2-3 settimane prima di raggiungere dimensioni apprezzabili. E comunque è difficile che se ne trovino di grandi. Sul tardi, invece, la crescita è velocissima (ed anche il deperimento). Allora gli esemplari divengono più massicci e capita spesso di trovarne qualcuno che non riesce a uscire dal terreno perché avviluppato dalle terminazioni radicali degli abeti. È in questo periodo che i Dormienti vengono attaccati dalle limacce ed altri abitanti del sottobosco. Quando gli inverni erano più rigidi ma anche molto più nevosi, i Dormienti si trovavano già ai bordi dei banchi di neve in fase di scioglimento. Talvolta semicongelati. Memorabile fu il maggio del 1980 all’Abetone. Nella foresta della Secchia, con la neve alta in alcuni punti più di mezzo metro, ai piedi degli abeti si potevano trovare grandi famiglie di funghi bianchissimi lasciati d’improvviso allo scoperto dalla neve che si ritirava (il legno vivo è “caldo” e fa fondere la neve attorno al tronco). I Dormienti addirittura si intravedevano al di sotto del manto nevoso reso traslucido dal disgelo. Bastava aprire la neve con le mani per raccoglierli, anche se un po’ fradici. La nascita si protrasse fino alla metà di giugno, quando però la maggior parte dei funghi divenne inutilizzabile per il proliferare dei collemboli (insettini neri, piccolissimi tanto da sembrare granellini di polvere che talvolta ricoprono in massa la neve proprio come accade col deposito dello sporco atmosferico). Evento piuttosto insolito perché il Dormiente difficilmente “baca” e qualche raro esemplare viene attaccato solo all’arrivo del caldo. E quell’anno si finì proprio fuori stagione!





Commestibilità. Dal punto di vista gastronomico il Dormiente è un fungo piuttosto apprezzato. Forse anche a causa del fatto che nel suo periodo di nascita di funghi nel bosco c'è poco altro. Comunque alcuni lo trovano insipido. Ed in effetti è un fungo poco saporito, ma forse i suoi estimatori lo sono proprio per la delicatezza della sua carne che lo rende gradevole al palato e facilmente digeribile. Va però anche detto che spesso non sa di niente perché lo chef non è all’altezza.

Gli abitanti di Vallombrosa ne fanno frittate, ma è ottimo anche fatto cuocere qualche minuto con un po’ di panna, oppure tagliato a fette e fritto indorato. È pure molto gradevole conservato sott’olio con aglio, pepe e rosmarino o alloro.

Una curiosità, i montanari dicono che “Dopo Pasqua Dormienti e predicatori ‘un son più boni”. Difatti questo fungo, che è praticamente inodore, agli inizi di aprile comincia a profumare un po’ di resina. A me sembra che le sue qualità organolettiche non vengano alterate. Però da un punto di vista estetico ed anche pratico, va detto che in quel periodo è facile trovarne molti rovinati dagli animali che se ne nutrono. Oppure, in caso di siccità, i funghi vengono resi fragili, quasi gessosi, dalla mancanza di umidità. Tutti inconvenienti che potrebbero spiegare il detto popolare.




Osservazioni. Purtroppo questo fungo, come tanti altri, è in fase di regresso e le raccolte si fanno sempre più scarse. Le ragioni sono molteplici. L’intensa caccia a cui viene sottoposto essendoci, almeno fino a marzo, pochi altri funghi da raccogliere. La diffusione sempre più ampia e massiccia di ungulati (cinghiali, caprioli, daini) che calpestano e sconvolgono in maniera drastica (soprattutto i cinghiali) il terreno alla ricerca di cibo. Le malattie che portano allo schianto degli abeti, attaccati dalle piogge acide, da insetti e funghi parassiti e scalzati alle radici dall’azione dei cinghiali. Il cambiamento del clima che altera le condizioni ambientali, soprattutto nelle stazioni di bassa quota la cui produttività è diminuita notevolmente. Inoltre, nel caso delle abetine, occorre considerare anche l’età delle piante perché, come molti funghi, anche il Dormiente tende a nascere con più abbondanza negli impianti giovani. Mentre in Toscana le abetine esistenti sono tutte ormai mature perché l’abete bianco, il simbionte d’elezione di questo fungo (ed anche del Boletus edulis, il classico Porcino di abete e di faggio), non viene quasi più utilizzato per nuovi impianti.

C’è da dire poi che negli ultimi anni si sono verificati degli eventi atmosferici eccezionali (12/11/2013 e 5/3/2015) con vere e proprie trombe d’aria che hanno devastato le abetine provocando schianti apocalittici. Solo a Vallombrosa, ma il discorso vale anche per le altre Foreste Casentinesi, è stato calcolato lo sradicamento di almeno ventimila abeti bianchi adulti il che ha cancellato intere zone in cui il fungo in questione nasceva ed a cui poi è seguito il taglio degli alberi rimasti per il recupero del legname che rischiava di andare perduto.

Perché, quando in abetine artificiali come quelle delle nostre foreste si apre un varco, gli alberi superstiti sono eccessivamente lunghi rispetto al poco apparato radicale che hanno potuto sviluppare nella competizione con gli altri per trovare la luce del sole. Per cui, quando la ferita è aperta, in situazioni di grande vento e soprattutto dopo consistenti nevicate o forti piogge, un poco alla volta viene giù tutto.
Inoltre le ultime annate, e anche quella in corso, hanno avuto un andamento primaverile particolarmente siccitoso che ha interrotto anticipatamente la nascita.

La legislazione vigente consente la raccolta di esemplari con il diametro del cappello superiore a 2 centimetri, con un massimo giornaliero di 3 kg.




La ricerca è impegnativa perché i corpi fruttiferi del fungo sono quasi invisibili nella lettiera del bosco. E anche, quando escono allo scoperto, il colore scuro li aiuta a mimetizzarsi in mezzo ai sassi e ai detriti di cui è cosparso il terreno. I cercatori si avvalgono di bastoni appuntiti con cui saggiano delicatamente i rigonfiamenti del terreno e delle foglie. Anche per raccoglierli occorre scalzarli con il bastone. Altrimenti è molto facile sciuparli a causa della fragilità della loro carne. Per chi intendesse iniziare questa ricerca sarebbe bene che lo facesse sotto la guida di un cercatore esperto. Altrimenti si corre il rischio di trovare poco e niente mentre si possono incontrare dei concorrenti che hanno il paniere pieno (per legge i funghi devono essere riposti in un contenitore rigido e aerato, non in buste di plastica e simili), il che potrebbe far abbandonare una ricerca che invece, saputa fare, è piuttosto divertente. Non fosse altro che per la stagione inconsueta e l'ambiente bellissimo in cui si svolge, l'abetina.


Qualche foto (anni 2017/9)


































Fine

Spero di non essere stato eccessivamente lungo ma d'altronde ritengo che quanto ho scritto potrà tornare utile ai neofiti o comunque a chi si volesse documentare.




Un cordiale saluto



domenica 8 marzo 2020

Eccomi di ritorno.

Buona sera a tutti!

Dopo l'abbozzo di uscita a Vallombrosa dell'altro giorno, questo pomeriggio abbiamo fatto una sortita più convinta.
E le canadesi le ho mandate in pensione.
Bastone e via.
Anzi, giù...per la forra.
Prima Prugnolaia niente, seconda ancora meno e via dicendo.
Finché, scavalcato con una certa difficoltà un borro profondo alcuni metri, siamo entrati nella fungaia primaticcia che sempre mi ha dato grandi soddisfazioni.
E anche questa volta non si è smentita!
Con parecchi pezzi anche grossi (6-7 cm.) ma tanti piccoli, che abbiamo lasciato.
Per ora ha buttato solo nella parte centrale (è lunga una ventina di metri) e comunque fruttifica a ripetizione fino agli inizi di aprile.
Poi rallenta e smette prima delle altre che però partono più tardi e continuano ancora un po'.
Deve aver cominciato verso la metà di febbraio se non prima perché ce n'erano diversi già marci, probabilmente bruciati da qualcuna delle poche brinate che ci sono state.
Dopo abbiamo controllato altre Prugnolaie ma solo in una bianca (anche quella abbastanza precoce) ce n'erano una decina di cui però uno solo da prendere.
Gli altri sono rimasti lì per la prossima volta sempreché il cinghiale li lasci stare perché quello è un punto che visita spesso.
Tutto qua.
Direi che bisognerà aspettare ancora una decina di giorni, sperando che non tiri troppo vento.

Intanto ecco le foto di oggi:


Calocybe gambosa













Selfie (!?).

Il raccolto.



Fungaia bianca.



Il Dormiente (Hygrophorus marzuolus) del 4/3/2020.




E la prossima uscita sarà proprio a Dormienti.


Un cordiale saluto a tutti!

mercoledì 27 novembre 2019

Arrivederci presto!

Buongiorno a tutti!


Ormai siamo in dirittura di arrivo.
A giorni dovrebbero chiamarmi per l'intervento.
Così, questa mattina, ho voluto andare a dare un saluto al bosco.
Nel bene e nel male mi ha accolto e accompagnato in tutti questi anni senza mai deludermi.
Ed a "lui" devo quello che sono (poco, ma meglio di niente).
Con i miei fidi (Tomoko e proprio fido, Camillo) siamo andati a fare una breve escursione nei luoghi dove raccolgo i Prugnoli.
L'anno scorso sotto le Feste ci avevo trovato delle Geotrope e anni fa ci avevo imbroccato qualche Prugnolo poco dopo Capodanno.
Così, zoppicon zoppiconi, siamo entrati alle 10:10 nel bosco e subito sono saltate fuori alcune giovani Geotrope, i Cimballi, appunto.
Nel posto dove li avevo trovati giovani a Capodanno, ce n'erano 5 stravecchie.
Quattro già marce e una immensa che lì per lì abbiamo preso ma, giunti a casa, guardandola meglio mi è venuto il dubbio che dovremo gettarla perché troppo invasa dalle larve.
Aveva solo un paio di fori nella sezione del gambo (4 cm. circa di diametro) e quindi sembrava utilizzabile ma a casa pare proprio che abbia fatto il gioco che fanno spesso i Cimballi, soprattutto quando sono avanti con l'età (pochi fori di entrata e tanti di uscita).
Comunque ne abbiamo raccolti un paio di dozzine belli giovani e non possiamo lamentarci.
Solo nel costone d'ingresso però.
Nel resto della forra e nella piaggia di là niente, come da copione.
E naturalmente dei Prugnoli nessuna traccia (e che volevo, anche quelli?).
Altri funghi pochissimo, qualche igroforo bianco, un gruppetto di Laccata e tre o quattro Ithyphallus impudicus; due già caduti a terra e due ancora chiusi belli grossi.
Tutto riposa in attesa del risveglio primaverile.
Spero che per quell'epoca potrò esserci anch'io.

Nel frattempo un cordialissimo saluto a tutti e, se non mi rifaccio vivo prima,


Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutta la Compagnia!

Le foto di oggi:



Clitocybe geotropa (Cimballo), sul sentiero d'ingresso.

Giovani.





Gigantesca (25 cm.) ma già attaccata dai parassiti.



Ithyphallus impudicus (Satirione), già in decomposizione.


Ancora chiuso (Uovo del Diavolo).

Enorme (10 cm.).

Nella piaggia.


Volvaria gloiocephala (ora però è "Volvariella gl.", ma come sono bravi!).

Presi al ritorno.

Nuova fungaia (Cimballaia).








Ancora un cordiale saluto!